Forlì, almeno un anno per rimettere piede nella più antica pieve della città
Forlì, almeno un anno per rimettere piede nella più antica pieve della città
FORLI' - Un senso di tristezza. E' quanto suscita quella chiesa millenaria chiusa e sprangata a due passi dal casello autostradale di Forlì. Né valgono a lenire la pena le più che giustificate ragioni di sicurezza addotte dalla Curia vescovile, proprietaria dell'edificio. Il declino di Santa Maria in Pieveacquedotto, gioiello romanico bisognoso di cure e restauri, è in atto da tempo. Ma tutto è precipitato nel 2008, l'indomani delle dimissioni per ragioni di salute e di età presentate dall'ultimo parroco residente, monsignor Serafino Melandri, classe 1920, ritiratosi nell'ex Seminario di via Lunga dopo ben 51 anni di servizio pastorale alla comunità e almeno duemila matrimoni celebrati fra quelle mura secolari.
Il suo successore, don Mauro Dall'Agata, giovane prete dalle tante energie ma impegnato simultaneamente anche a San Giorgio, Malmissole e Roncadello, ha scelto di risiedere proprio in quest'ultima località, la più vivace e popolosa delle parrocchie affidategli dal vescovo. E a Pieveacquedotto dominano usci e battenti chiusi. La Commissione tecnica interna incaricata di seguire lo stato dei numerosi immobili di proprietà della Curia, per bocca del geometra Mauro Zanetti comunica che è allo studio il progetto di restauro del monumento posto sull'antica strada dei Romei, con priorità assoluta per quanto riguarda tetti e capriate. E molto prematuro ipotizzare tempi e costi dell'operazione, ma se entro l'anno si arrivasse a presentare alla Soprintendenza lo stralcio di progetto relativo alle coperture, si potrebbe insediare il cantiere nella prossima primavera.
Questo però significa che, nella migliore delle ipotesi, per rimettere piede nella chiesa occorrerà attendere un anno. Sono lontani i tempi di monsignor Attilio Fusconi, parroco di Pieveacquedotto dal 1906 all'anno della scomparsa, nel 1957, cui va il merito di aver salvato la più antica pieve del forlivese. Un tempo vi si accedeva da uno stradello alberato scaturente dalla via Ravegnana. Poi è arrivato il progresso, rappresentato dall'A14, e si dovette ripiegare sull'attuale ingresso che costeggia il cimitero. Sempre meglio che niente, l'integrità ambientale della chiesa era salva.
Citata per la prima volta in un documento del 963 e ricostruita nel 1273, Santa Maria in Pieveacquedotto è stata restaurata e definitivamente riportata all'originalità romanica nel 1933 da don Fusconi, che pagò di tasca propria le ingenti spese sostenute. Di notevole impatto visivo è anche il campanile: risalente al Mille, epoca in cui si diffuse nella cristianità l'uso delle campane, è privo però della cuspide, tipico elemento ornamentale delle torri forlivesi, crollata per un rovinoso terremoto ai primi dell'800. Una "secca" incredibile del fiume Ronco, agli inizi del ‘900, mise in luce, per l'ultima volta, a poche decine di metri dalla chiesa romanica, alcuni piloni del leggendario acquedotto di Traiano, poi consolidato da Teodorico. Da qui il nome della Pieve.
Piero Ghetti