Forlì: D'Alema: "Se strappa le sue radici il Pd sarà sempre debole"
Forlì: D'Alema: "Se strappa le sue radici il Pd sarà sempre debole"
FORLI’ – Una platea di centinaia di persone ha accolto il comizio di Massimo D’Alema, arrivato per la Festa Democratica. Critico sul partito, D’Alema ha parlato molto del congresso che verrà: “Sarà un momento di arricchimento, non dobbiamo temerlo: è inevitabile confrontarsi tra posizione diverse, senza demonizzare questo ne usciremo più forti, d’altra parte, oltre che a prendercela col destino, dopo aver perso le elezioni politiche e le europee qualcosa dovrà pur cambiare”.
E’ la riflessione di Massimo D’Alema alla festa Democratica di Forlì, giovedì sera in piazza Berlinguer. “Lo faremo con serenità”, taglia corto D’Alema rispondendo a chi, tra il pubblico, gli ricorda, però, che non devono litigare. Per D’Alema la via maestra è il recupero delle radici: “Se si pensa di strappare queste radici il Pd farà una vita stentata, come un albero con radici deboli”.
L’unico riferimento della serata ad un leader del suo stesso partito, D’Alema lo dedica a Pierluigi Bersani: “Bersani ha detto una cosa che mi è piaciuta molto: che il Pd ha l’ambizione di essere l’erede non di Ds e Margherita, ma di una storia italiana di centocinquant’anni, quando i lavoratori costruivano cooperative, leghe e case del popolo, il Pd vuole essere l’aggregazione di due storie parallele di sinistra e del mondo cattolico”. Insomma, la solidità è da ricercare nella storia, anche perché, come ha detto D’Alema al pubblico di Forlì “un grande partito non nasce sotto un cavolo”.
Come vincere Berlusconi? Per D’Alema appare chiaro. “Ogni volta che ci siamo affidati al nuovismo (il riferimento è alle elezioni del 1994, ndr) o al desiderio di autosufficienza abbiamo perso, mentre con l’Ulivo c’era un progetto per il Paese, e non appena dall’altra parte c’è qualcosa Berlusconi perde”. Ma per far questo “dobbiamo tornare a fare politica, politica con la ‘p’ maiuscola, non propaganda”. Il leader del Pd spinge molto sul tornare ad essere un “partito popolare”. “Liberiamoci dalla teoria del partito leggero, senza le tessere, che ha segnato un avvio stentato del Pd anche perché basato su idee sbagliate”.
“Ci vuole un grande partito organizzato”, ricorda D’Alema, ma anche alleanze: “Quando costruiamo grandi alleanze vinciamo noi, quando facciamo una corsa solitaria vince lui”. Ma “non basta mettere assieme un alleanza: questa deve essere capace di governare, l’Ulivo lo fu, l’Unione molto meno”. Infine, una bordata a Berlusconi: “Ho detto quelle cose per cui mi hanno attaccato tutti da destra, non le sto a ripetere qui, ma le ho dette e quel che ho detto è vero”: è il riferimento finale alle polemiche sulle ‘scosse nella maggioranza’.
D’Alema, all’inizio del comizio ha criticato frontalmente il premier Berlusconi proprio su questo tema: “La destra è in un’evidente crisi morale ed istituzionale, che è evidente e percepita in modo crescente anche nella società italiana”. D’Alema ricorda che “son tornati a parlare i vescovi: dopo un periodo in cui la Chiesa era disattenta, è tornata ad essere un testimone attento.
Cosa manca al Pd? “Riscoprire il riformismo, dare risposte concrete a problemi concreti”, è il passaggio di Massimo D’Alema alla festa democratica di Forlì. “Abbiamo perduto la capacità di parlare col ceto medio produttivo, andando dietro il cosiddetto il ‘ceto medio riflessivo’, quello dei girotondi per intenderci”. Mentre per vincere, secondo D’Alema, “serve una dose di sano pragmatismo e riformismo emiliano”.