Forlì: scattano le indagini sul cane di Agrigento non 'microchippato'
Forlì: scattano le indagini sul cane di Agrigento non 'microchippato'
FORLI' - La questione del cucciolo meticcio approdato da Agrigento a Forlì senza il necessario microchip di legge ora passa in mano agli inquirenti. "Ho fatto tutti i miei passi", spiega il responsabile del servizio veterinario dell'Ausl Usberti. Hanno divisioni specializzate per queste indagini sia la Forestale che i carabinieri. Saranno loro a dover capire se dietro l'arrivo anomalo del cucciolo da un veterinario forlivese c'è un traffico non regolare di animali.
In ogni caso, per Usberti, le violazioni già esistono: quel cane ha viaggiato per l'Italia, "da Agrigento a Bologna, passando per le Marche", precisa il responsabile del servizio veterinario, senza il microchip: una movimentazione non permessa, neppure per deroga, per una regola di sanità pubblica e veterinaria. Inoltre, quello stesso cucciolo non avrebbe potuto neanche lasciare Forlì, "mentre non si sa dove sia andato a finire", continua Usberti.
Dopo uno studio scrupoloso cita le norme apparentemente violate, lo stesso Usberti: "Sulle polemiche sollevate dall'associazione Noi Animali Onlus di Polverigi ricordiamo che le regole stabiliscono che i cani, sia che vengano adottati presso canili o rifugi - anche gestiti da associazioni di volontariato - sia che siano oggetto di commercio, possono essere movimentati solamente se debitamente identificati mediante microchippatura (tatuaggio nel caso dei cani identificati in tempi più remoti), senza alcuna deroga prevista o concessa dalla legge. In caso contrario il complesso normativo che viene violato è ampio, sia nazionale sia regionale, sia recente sia datato".
Continua Usberti: "Esistono infatti diverse leggi che tutelano gli animali d'affezione e hanno lo scopo di prevenire il randagismo. C'è la legge 281/91 art. 2 comma 5, in cui si stabilisce che i cani vaganti non tatuati catturati, nonché i cani presso le strutture di cui al comma 1 dell'articolo 4 (sono i canili e le altre strutture di ricovero di cani randagi) devono essere tatuati; se non reclamati entro il termine di sessanta giorni possono essere ceduti a privati che diano garanzie di buon trattamento o ad associazioni protezioniste, previo trattamento profilattico contro la rabbia, l'echinococcosi e altre malattie trasmissibili".
Inoltre altra norma è la "Circolare Ministro della Sanità n° 33/1993, sull'esportazione di cani randagi precisa poi che, a norma dell'art. 2 della Legge 281 del 14/8/1991, secondo cui cani ospitati presso i canili devono essere tatuati, e non devono essere ceduti prima che sia trascorso il termine di 60 giorni, onde dare modo ai legittimi proprietari di rientrarne in possesso".
Infine Usberti: "Nella più recente ordinanza 6 agosto 2008, ("Ordinanza contingibile ed urgente concernente misure per l'identificazione e la registrazione della popolazione canina"), all'art. 1 comma 2 si ribadiva infine che il proprietario o il detentore di un cane deve provvedere a far identificare e registrare l'animale, nel secondo mese di vita, mediante l'applicazione del microchip. Il proprietario o il detentore di cani di età superiore ai due mesi è tenuto a identificare e registrare il cane ai fini di anagrafe canina, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente ordinanza".
"Il Veterinario pubblico, come tutti i pubblici ufficiali, ha l'obbligo di segnalare all'autorità preposta tutte quelle situazioni che rappresentano violazione a regolamenti o a leggi, siano essi legati a specifiche competenze o meno - commenta il dottor Rodingo Usberti, direttore del Servizio Veterinario dell'Ausl di Forlì - in caso contrario si realizza l'ipotesi del reato di omissione".